Dal punto di vista della qualità, sono prodotti di stagione e del territorio e dato il breve trasporto e stoccaggio mantengono intatte tutte le caratteristiche organolettiche e i principi nutritivi. Inoltre, nella filiera corta nessun prodotto è importato da paesi lontani con normative meno rigorose di quelle italiane in termini di controlli igienico-sanitari. Affidarsi a questo genere di prodotti permette di eliminare tutti quei passaggi di lavorazione, di confezionamento e trasporto che portano allo scaffale del supermercato. Infatti l’eliminazione delle intermediazioni e soprattutto trasporti abbatte il costo al consumatore fino al 40%.
Scegliere prodotti km zero è una scelta ambientalista e salutista alla scoperta della tipicità e del territorio e si pone in grande contrasto con la globalizzazione dei mercati e i fini economici delle grandi industrie tutt’altro che etiche.
Nel 1997 viene sancito il Protocollo di Kyoto di cui il “progetto km zero” fa parte, trova difficoltà attuative un po’ in tutti i Paesi del mondo, non ultimo l’Italia. Il Veneto è stata la prima regione a incentivare l’utilizzo del km zero, nelle attività ristorative affidate agli enti pubblici e incrementato una rete di vendita di prodotti stagionali sul territorio. La difficoltà è che il km0 non può essere imposto ma deve essere una scelta del singolo che può, gradualmente, spostare certe tendenze. Iniziamo con acquisti più accorti, scegliamo prodotti di stagione, magari facendo riferimento a realtà di vendita diretta o ai molti prodotti locali che possiamo reperire facilmente, oggi, anche nella stessa grande distribuzione.
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Si tratta di alimenti chiamati anche a filiera corta, proprio perché la distanza tra agricoltore e consumatore si va a ridurre con conseguente abbattimento della produzione di anidride carbonica.